055 - ATTUALITA' E IMMIGRAZIONE

ROTARY – pagg. 58 – 10/2015

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La sfida nel saper cogliere l’occasione di un reciproco arricchimento.

In Italia, come del resto in tutto il mondo occidentale, si sta verificando una forte immigrazione proveniente da paesi a larga maggioranza musulmana, soprattutto dall’ Africa e dal Medio Oriente. Diverse sono le cause che spingono ad abbandonare il proprio paese: guerre, espulsione, instabilità politica, squilibrio demografico ed economico, fuga dalla disoccupazione verso la sopravvivenza economica e altri ancora. Questo fenomeno, di fronte al quale si manifesta la nostra impreparazione e il nostro disorientamento, comporta certamente dei disagi a diversi livelli. Ma, se gestito nel modo più appropriato, unendo tutte le forze di volontariato, offre anche l’occasione di un confronto tra religioni e culture diverse che può portare a un reciproco arricchimento. Conoscere l’altro, la sua realtà storica, sociologica, culturale, religiosa è uno degli aspetti fondamentali per la realizzazione di una convivenza pacifica e per una buona gestione del fenomeno dell’immigrazione. Occorre però considerare anche che questi rifugiati vivono in una condizione di inferiorità sia sul piano socio-economico che su quello della comunicazione. Si tratta infatti pur sempre di persone che si trovano a vivere in un paese diverso dal proprio, dove si parla una lingua che a loro risulta sconosciuta. Per questo motivo essi tendono a chiudersi nella loro realtà, creando piccoli ghetti distinti per provenienza, lingua, cultura, tribù, religione o confraternita religiosa.

Conoscere l’altro
Il fattore religioso non può essere trascurato nell’affrontare i problemi del dialogo e della convivenza. Lo spessore della civiltà che si accompagna alla tradizione religiosa musulmana è di tale ampiezza da raggiungere piena visibilità anche nella condizione di minoranza in una terra di immigrazione. Infatti i cristiani orientali sono rimasti presenti nei loro territori di origine soprattutto grazie alla loro fede profonda; ed è stata proprio questa fede a permettere loro di dialogare, dove possibile, con i musulmani. Non bisogna infatti dimenticare che le prime comunità cristiane nascono proprio in Medio Oriente, un popolo che ha svolto un ruolo notevole nello sviluppo della civiltà araba comunemente assimilata all’islam. E’ noto che i problemi creati dall’immigrazione nel nostro paese e in Europa vanno risolti nel lungo termine cercando soluzioni parallele anche nei paesi di provenienza degli immigrati. Nell’immediato occorre gestire integrazione di una permanenza breve o lunga non si sa ancora.

I centri di accoglienza
In Italia i centri sono a maggioranza gestiti da associazione di ispirazione cristiana, nella convinzione che queste strutture possano diventare un laboratorio vivente, in cui il convivere di fedi e culture diverse sotto lo stesso tetto sia occasione importante di reciproca comprensione. L’avvicinamento fra mondi culturali diversi, reso possibile dai centri di accoglienza, renderebbe più facile la convivenza e l’inserimento dei giovani immigrati nella nostra società. Dare un esempio di reciproco rispetto e libertà di pratica religiosa su un piano di uguaglianza potrebbe consentire di smussare quel fanatismo religioso presente nei paesi a maggioranza musulmana, fornendo un contributo importante alla libertà delle Chiese del Medio Oriente.

I responsabili dei centri

Emerge quale responsabilità morale e storica incomba su coloro che dirigono le case di accoglienza per gli immigrati. Essi hanno l’importante impegno di svolgere il loro compito fino in fondo, nella piena coscienza delle conseguenze della loro attività. Ma perché ciò si compia è necessario considerare l’immigrato come una persona, nella sua globalità. Se si capisce questo, allora diventa importante offrire un soccorso materiale a chi ne ha bisogno. Ma tutto ciò non deve far dimenticare lo scopo primario dell’accoglienza: provvedere a un soccorso spirituale, adoperarsi affinché nelle comunità regnino l’amore e la fraternità, dare una testimonianza di umanità ai propri ospiti, cercare occasioni di colloquio nelle quali comunicare a chi è stato accolto le ragioni di ciò che viene fatto e gli scopi del centro di accoglienza. L’integrazione culturale non può essere considerata un problema secondario rispetto a quello dell’assistenza materiale. I due aspetti devono essere compresenti, altrimenti il rischio è che i rifugiati interpretino falsamente i centri di accoglienza
come enti assistenziali come luoghi che, in cambio dell’assistenza fornita, mirano in realtà al proselitismo.

Integrazione culturale
La questione del dialogo fra civiltà e mentalità differenti non può comunque essere demandata esclusivamente ai volontari. Di fronte a questa urgenza anche le istituzioni debbono fare la loro parte. A livello politico l’attenzione è rivolta ai problemi originati dall’incremento del flusso migratorio, mentre poco o niente si fa per l’integrazione culturale dell’immigrato rifugiato nella nostra società. Un’errata concezione della laicità dello stato induce a non sfiorare in ambito pubblico argomenti che abbiano a che fare con la religione. Al contrario l’aspetto religioso rappresenta per ogni arabo, in questo caso penso ai siriani, una dimensione naturale della vita, è parte integrante della propria identità, sia che egli professi la fede cristiana sia che appartenga alla comunità musulmana. Negare a chi giunge nel nostro paese da contesti culturali così lontani notizie minime su ciò riguarda la cultura occidentale equivale a promuovere un inserimento monco nella nostra società.

L’importanza di un’azione che faccia conoscere agli immigrati le base su le quali sono fondate le società europee sarebbe poi accentuata dalla possibilità di divenire la scintilla capace di innescare quel processo di apertura dei compartimenti stagni che oggi esistono tra Europa e mondo arabo, tra cristiani e musulmani e, nello stesso tempo, potrebbe rappresentare una forte spinta perché vengano prese misure concrete capaci
di smussare il fenomeno del fanatismo religioso che è alimentato oggi da alcune sedi istituzionali islamiche. Una maggiore vigilanza in questo senso appare più che mai opportuna. La conoscenza di interventi pilota positivi e lo scambio fruttuoso di queste esperienze potrebbe in seguito dare origine a un coordinamento strategico a livello regionale o addirittura nazionale e internazionale.

Vera crescita
Uno strumento essenziale per questa missione deve essere rappresentato dall’impegno da parte dei responsabili dei centri di accoglienza che i loro ospiti abbiano modo di perseguire una vera crescita nella propria fede, pur mantenendo ciascuno il proprio credo. In questa azione sarà necessaria un’attenzione particolare affinché vengano colte tutte le opportunità per costruire un’apertura interreligiosa. Si tratta di compiti estremamente ardui che non possono essere lasciati all’improvvisazione e alla buona volontà dei singoli. Per questo, credo sia fondamentale raccogliere e confrontare le esperienze che vengono attuate nei diversi centri. Far circolare e comunicare le esperienze dei successi e dei fallimenti nelle iniziative di integrazione culturale operate nei centri di accoglienza, costituisce un patrimonio comune di risposte concrete cui attingere per evitare inutili delusioni.

Con quali risorse?
La priorità più urgente, di fronte al fenomeno dell’immigrazione, è di una piena integrazione e di una profonda conoscenza reciproca fra i diversi gruppi etnici che dovranno integrarsi. E dove reperire le risorse necessarie per un compito così impegnativo? Di fronte agli enormi sconvolgimenti sociali che il fenomeno dell’immigrazione causa nei paesi europei, impreparati a riceverli, di fronte ai problemi derivanti da un’organizzazione provvisoria, una visione miope della politica fa sì che non ci si accorga che l’impiego di denaro, devoluto ai paesi sottosviluppati per la formazione professionale, eviterebbe di continuare a spenderne molto di più in Europa per affrontare i problemi dell’accoglienza. Problemi questi certamente grandi ma tuttavia sempre inferiori a quelli legati al dramma della divisione delle famiglie, causata dall’emigrazione. Appare quindi indispensabile promuovere nei nostri paesi un’adeguata formazione professionale degli immigrati cosicché possano ritornare nelle loro terre preparati e capaci di contribuire meglio allo sviluppo economico dei loro paesi.

Giuseppe Samir EID

Intendono fornire gli strumenti per una inclusione sociale del flusso migratorio, gettare una luce sui diritti umani e la condizione di vita dei cristiani nel mondo islamico da cui proviene l’autore.La conoscenza dell’altro, delle diversità culturali e religiose sono ingredienti primari per creare la pace nei cuori degli uomini ovunque, premessa per una serena convivenza e convinta cittadinanza sul territorio.

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