DIALOGO ISLAMO CRISTIANO

56 tenere presente che le comunità nazionali in terra straniera possono riprodurre le tensioni e le incomprensioni del paese d’origine. E’ quanto accade tre palestinesi e libanesi, o tra libanesi e siriani. La scarsità di clero, di strutture e di risorse economiche, oltre alle restrizioni imposte dal diritto canonico, non aiutano certo i fedeli orientali a mantenere i legami con la loro Chiesa d’origine. Si stima che solo il 10-15% dei cristiani orientali fre- quentino le chiese dove si officia secondo il rito della Chiesa di appartenenza. Le nuove leve di seminaristi nati e formati in Occiden- te, pur avendo studiato la liturgia orientale, non possono adottare in occidente tutte le consuetudini delle loro Chiese. Ad esempio, chi si sposa non può essere successivamen- te ordinato prete, come accade invece nelle Chiese Orientali cattoliche. Il nuovo codice di diritto canonico prevede l’autorità patriarca- le soltanto sul territorio della sede stessa, e non sui fedeli della diaspora. L’emigrazione dei cristiani mediorientali, alimenta le proba- bilità di estinzione delle Chiese orientali. 5. Missione della Chiesa orientale in diaspora Bisogna a questo punto chiedersi quale missione hanno oggi le Chiese Orientali in questa situazione di diaspora. Va per prima cosa sottolineato che la Chiesa di tradizione orientale deve prendere coscienza del fatto che essa appartiene ad una triplice cultura: bizantina, araba e cattolica. La Chiesa é per sua natura universale, cattolica appunto, e si pone al servizio dei fedeli, di tutti i cristiani e dell’uomo in generale. Questa vocazione universale può manifestarsi in diversi modi: . mantenendo viva la tradizione liturgica e il patrimonio religioso e spirituale delle prime comunità cristiane, facendo conoscere que- sta ricchezza in Occidente; . avvicinando i cristiani mediorientali e quelli occidentali alla liturgia orientale traducendo il patrimonio culturale della Chiesa d’origine nella lingua del paese ospitante; . formando nuovi seminaristi per ciascun rito orientale (negli USA, ad esempio, il cle- ro melkita è aumentato con l’ingresso nei seminari di giovani provenienti dalla Chiesa romana); . diventando, per la sua natura di “ponte” tra le culture, una pietra miliare nel dialogo in- terreligioso tra Oriente ed Occidente. Il Vaticano II ha esaltato la molteplicità del- le tradizioni religiose e liturgiche e non ha esitato ad assumere alcuni gesti liturgici e consuetudini di provenienza orientale che connotano maggiormente l’universalità del- la Chiesa. Ricordiamo la comunione sotto le specie del pane e del vino, l’adozione della lingua locale nella liturgia, l’apertura sinoda- le. Seguendo le linee tracciate dal Concilio, le Chiese orientali, in accordo con quelle orto- dosse, dovrebbero impegnarsi nel diffondere e tutelare la tradizione apostolica. Nei primi quattro secoli di diffusione del cristianesimo, Antiochia era il faro della fede cristiana nel mondo, ancor più di Roma e di Costantino- poli. Le liturgie di San Basilio e di San Gio- vanni Crisostomo, che ci sono giunte attra- verso il Patriarcato di Costantinopoli, sono di origine antiochena. Il riscoprire la fede delle nostre origini è una responsabilità che dob- biamo assumerci nei confronti dei nostri pa- dri e delle generazioni future. 6. Oriente e Occidente verso il Terzo Millennio La preparazione alla celebrazione del ter- zo millennio, è il momento più propizio per sfruttare le grandi ricchezze culturali presen- ti. Le moderne tecnologie che hanno annul- lato le barriere tra le nazioni e incrementato i collegamenti tra i popoli, dovrebbero essere utilizzate per eliminare le barriere culturali. E’ un cambiamento che deve essere realizzato insieme tra il Nord e il Sud del mondo, tra Oriente ed Occidente. Ma non deve esser- ci spazio per chi vuole manipolare la realtà. Gli europei, per loro stessa ammissione, co- noscono solo in modo superficiale la cultura mediorientale. Quasi tutti ignorano poi le dif-

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