DIALOGO ISLAMO CRISTIANO

55 ri per sé e la famiglia. Si troncano in questo modo le proprie radici storiche e culturali. 3. Emigrati in Occidente Per chi emigra la vita non è facile. Oltre alle discriminazioni e alle difficoltà legate ai pre- giudizi razziali, il cristiano mediorientale si trova a disagio nelle comunità cattoliche di rito romano poiché fino a pochi anni fa il cle- ro era prevenuto e sospettoso nei confronti delle liturgie orientali. Sfuggiva al controllo dei patriarchi orientali la tutela spirituale dei loro fedeli. Gli ortodossi invece hanno avu- to la possibilità di seguire i loro fedeli nella diaspora. Fino al Vaticano II la nomina del vescovo orientale cattolico era fatta diret- tamente dal papa. Soltanto dopo il Concilio si è convenuto che la scelta avvenga sul- la base di una lista di tre nomi proposti dal Patriarca di Antiochia. A parte alcune ec- cezioni, la linea del Vaticano é ora quella di rispettare l’identità ecclesiale di ciascuno e di incoraggiare i popoli a comprendere ed apprezzare le tradizioni delle altre comunità cristiane cattoliche pur nella diversità dei riti. A distanza di anni dal Vaticano II la sensibi- lità e l’apertura nei confronti dei riti cattolici orientali é notevolmente aumentata. Anche il papa ha sottolineato la necessità di una maggior conoscenza del patrimonio spiri- tuale delle Chiese orientali. Giovanni Polo II Padre ha affermato che “la Chiesa deve im- parare a respirare con i suoi due polmoni, quello orientale e quello occidentale”. Oggi nel mondo milioni di cristiani orientali vivono in un realtà ecclesiale latino-occidentale di origine europea, con conseguenze inevitabili i sulla vita religiosa e familiare, soprattutto per quanto riguarda il matrimonio, con un grande aumento dei matrimoni con i cattolici di rito romano. Psicologicamente, l’emigrato tende ad integrarsi nelle comunità locali per superare il senso d’estraneità, ma anche per allacciare una rete di rapporti che lo possano aiutare dal punto di vista economico. Spes- so le condizioni di chi emigra sono di gran- de disagio. Se da una parte l’integrazione è positiva, dall’altra porta alla perdita graduale della propria identità culturale, storica e reli- giosa. Ciò ha spinto il clero orientale ad una maggior presenza e una collaborazione più stretta. L’obiettivo comune dei cristiani della diaspora dovrebbe essere quello di collabo- rare alla costruzione del Regno di Dio, evi- tando l’emarginazione ma conservando in- sieme la propria identità ecclesiale. La civiltà è la somma di culture e di tradizioni diverse dove fiorisce e si sviluppa ciascuna identi- tà particolare. Ciascuna comunità coltiva la coesione interna, ma nello stesso tempo si apre agli altri in un processo di inculturazione che sta alla base dell’arricchimento e della sopravvivenza. 4. Diaspora E’ estremamente difficoltoso per gli immi- grati, dato il nuovo contesto in cui vivono, trasmettere ai figli il proprio patrimonio culturale. In questo modo la ricchezza del- la tradizione cristiana orientale rischia di disperdersi. Per esempio, la seconda ge- nerazione di immigrati abbandona quasi completamente la lingua araba, con la con- seguenza immediata di incontrare difficoltà di comunicazione con i parenti rimasti nella terra d’origine e di rendere più difficile un eventuale ritorno in Medio Oriente. La tele- visione, soprattutto per i bambini, é un formi- dabile fattore di omologazione culturale, ma crea una discrasia in più, perché i messaggi che propone appartengono ad una realtà culturalmente estranea. Le abitudini, gli usi, i costumi orientali sono destinati a scom- parire se la famiglia decide di vivere in iso- lamento o ne è costretta . Ecco dunque la necessità di un contesto più ampio che offra possibilità d’incontro e permetta di vivere la stessa fede: la Chiesa. E’ lo stesso lavoro, in sostanza, che hanno fatto i missionari sca- labriniani al seguito degli emigranti italiani, costruendo la comunità attorno alla struttura religiosa . Era questo un modo per rinsal- dare i vincoli culturali, per non dimenticare la lingua e le tradizioni della patria. Bisogna

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