DIALOGO ISLAMO CRISTIANO

40 Ciò che dobbiamo evitare è lo scenario che prospetta Gilles Kepel nel suo libro La re- vanche de Dieu: il conflitto tra ebrei, musul- mani e cristiani per la conquista del mondo. In tutti deve rendersi chiara la convinzione che Dio è di ogni uomo. Se crediamo nel Dio di tutti gli uomini, nessuna fede può ar- rogarsi l’esclusività di Dio. 8. I vescovi italiani Le parole del card. Biffi: Avvertendo l’esigenza di una seria rifles- sione sull’islam e sui musulmani immigrati il cardinale Biffi nella Sua Nota pastorale nel 1992 dichiarava: “ Aiutarli (i musulma- ni venuti tra noi)- e aiutarli incondizionata- mente, senza ricatti- a trovare cibo, allog- gio, lavoro, ci è richiesto dalla nostra fede che deve farsi attenzione fattiva verso chi è nella necessità, chiunque esso sia; ma per sé non è compito statutario della comuni- tà cristiana in quanto tale: è compito della società covile. (...) Nessun timore di essere accusati di proselitismo può raggelare il no- stro slancio apostolico. Il proselitismo, che noi fermamente respingiamo, consiste nel non rispettare la libera autonomia delle per- sone a decidere o nel cedere alla tentazione di percorrere per cristianizzare le vie della violenza, dell’astuzia, delle indebite pressio- ni psicologiche.”( Bollettino dell’Arcidiocesi di Bologna.LXXXIII ,1992). Le parole del card. Martini: Sui problemi culturali che la presenza dell’i- slam fa sorgere nel nostro mondo occi- dentale è intervenuto anche il card. Carlo Maria Martini nella festa di S. Ambrogio, patrono della città di Milano, il 6 dicembre 1990. Considerando con stima e attenzione i valori della fede islamica, l’omelia, edita poi in un opuscolo intitolato Noi e l’islam, ha inteso offrire anche precise indicazioni alle comunità cristiane circa il dovere dell’ac- coglienza, non eludendo però i nodi pro- blematici che ostacolano un rapporto più fraterno con i musulmani. Il card. Martini ha richiamato la situazione delle comunità cristiane nei paesi a maggioranza islamica, auspicando “rapporti di uguaglianza e di fraternità, e per ciò insistiamo ed insistere- mo perché a tali rapporti si conformi anche il diritto e il costume vigente nei paesi mu- sulmani riguardo ai cristiani, perché si abbia una giusta reciprocità. Ha ricordato come la ricerca di un obiettivo comune di rispetto e di mutua accettazione richieda il superamento del pregiudizio, for- temente radicato nella mentalità islamica, secondo cui i non musulmani sarebbero di fatto non credenti. L’arcivescovo ha poi sottolineato la neces- sità di far comprendere alle comunità mu- sulmane che in Europa i rapporti tra stato e organizzazioni religiose sono profonda- mente diversi rispetto al loro paese: “Se le minoranze religiose hanno tra noi quelle libertà e diritti che spettano a tutti i cittadi- ni, senza eccezione, non si può invece fare appello, ad esempio, ai principi della legge islamica per esigere spazi e prerogative giuridiche specifiche”. Al di là dei problemi di natura sociale, il car- dinale non ha mancato di porre l’accento sulla religiosità dell’islam: “Si tratta di una fede che avendo grandi valori religiosi e morali ha certamente aiutato centinaia di milioni di uomini a rendere a Dio un culto onesto e sincero e insieme a praticare la giustizia”. Ed ha proseguito: “In un mondo occidentale che perde il senso dei valori assoluti e non riesce più in particolare ad agganciarli a un Dio Signore di tutto, la te- stimonianza del primato di Dio su ogni cosa e della sua esigenza di giustizia ci fa com- prendere i valori storici che l’islam ha por- tato con sé e che ancora può testimoniare nella nostra società”. Sapranno i leader religiosi cogliere il feno- meno dei flussi migratori quale fattore di comunione, e non di divisione, perché av- venga il Regno di Dio, Unico e comune a tutti, sulla terra?

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