DIALOGO ISLAMO CRISTIANO

14 Ma nel dramma che oggi sta vivendo, tutto questo è ancora vero? In futuro i cristiani vi potranno ancora mantenere i propri diritti? Quindici anni di guerra hanno cambiato la fisionomia del territorio. Il Libano è stato per tutti un esempio di convivenza interreligiosa, fondata sulla fra- ternità e sull’approfondimento tra le varie confessioni religiose, fino al momento in cui potenze esterne hanno cominciato ad aizzare musulmani e cristiani fra di loro ed hanno permesso ad un numero troppo ele- vato di rifugiati di stanziarsi in questo pic- colo territorio grande poco meno di metà Lombardia. Inoltre, l’insediamento di uno stato ebraico fortemente militarizzato ha rotto i fragili equilibri esistenti nel Medio Oriente. Destabilizzazione internazionale Questi fattori hanno provocato una prima guerra civile già nel 1958 e poi gradata- mente, hanno preparato il terreno per la fu- tura destabilizzazione, culminata in 15 anni di guerra interna. A questo conflitto hanno partecipato varie entità, destabilizzando la maggioranza cristiana (iraniani, siriani, isra- eliani, libici, algerini e palestinesi). La guerra ha provocato oltre 120.000 morti, 300.000 feriti e più di un milione di civili sfollati e co- stretti a rifugiarsi in ghetti confessionali. Oltre 1.300 tra sacerdoti e religiosi sono stati trucidati; chiese e conventi con secoli di storia alle spalle sono stati saccheggiati e distrutti. Molte persone sono state uccise sulla sola base di appartenenza ad una de- terminata religione. Questi orrori sono in contrasto con i silen- zi dei mass-media a livello internazionale e con il gran clamore invece per i sassi lancia- ti dall’intifada in Palestina. La turbolenza della regione ha spinto, dall’i- nizio del secolo, molti libanesi ad emigrare verso l’Occidente. Si calcola che i libanesi della diaspora siano 13 milioni, in maggio- ranza cristiani, a confronto con un milione e mezzo di cristiani rimasti in patria. Sono sparsi come segue: Nord e Centro America 5 milioni America del Sud 7 milioni Oceania 500 mila Europa 300 mila Paesi del Golfo 300 mila L’emigrazione nei paesi del Golfo è solita- mente provvisoria poiché è dovuta soprat- tutto a motivi di lavoro e generalmente si conclude con il ritorno in patria. La proporzione degli arabo-cristiani emigra- ti dal Libano verso l’Occidente è di 7 a 1 ri- spetto a quelli rimasti; una proporzione che è andata aumentando negli ultimi anni sotto l’occhio impassibile di tutto l’Occidente. Integralismo in agguato La chiave di volta per frenare l’emigrazione è la pace nella regione. Riportiamo in que- sto senso una dichiarazione di Boutros Gha- li, segretario generale delle Nazioni Unite: “Non ci può essere sviluppo senza pace e non ci può essere pace senza sviluppo”. Il problema della ricostruzione del Libano ri- mane aperto in quanto i capi tali privati sono poco inclini ad investire nelle infrastrutture preferendo in vece il settore immobiliare e turistico. L’investitore che mira al guadagno in tempi brevi non si preoccupa di realizza- zioni che generano nuovi impieghi e creano le condizioni per incoraggiare l’iniziativa in- dustriale privata di picco la e media dimen- sione. La mancanza di prospettive di lavo ro inco- raggia l’emigrazione dei quadri intermedi, tecnici e scienziati, indebolendo la classe media della popolazione che è l’ossatura della democrazia. Il divario tra ricchi e po- veri potrebbe aumentare favorendo il mal- contento sociale e i gruppi estremisti, reli- giosi o politici, che cercano di conquistare il potere. La mancanza poi di stabilità rischia di spingere altri cristiani a emigrare. Senza voler affrontare gli aspetti politici del Medio Oriente ritengo interessante fare un paral- lelismo fra Libano e Israele, riprendendo il

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